TOM HARRELL QUARTET. LA MUSICA OLTRE LA MUSICA.

Quel “Thank you sussurrato, tremolante, flebile e timido, pronunciato con una vocina che poteva sembrare quella di un bambino, mi ha sinceramente commosso.

Due parole, così semplici ma così cariche di emozione e fragilità:  la fragilità di un grande nome del jazz internazionale, Tom Harrell, trombettista e compositore straordinario, con una lunghissima lista di creazioni, registrazioni, collaborazioni ed esibizioni all'attivo, malato fin da giovanissimo di schizofrenia. 

La vedi tutta la sua sofferenza: sale sul palco a passi lenti, ricurvo su se stesso, testa bassa e occhi bassi, ogni movimento appare impacciato, faticoso e affaticato. 

Ma quando inizia a suonare è tutta un'altra storia! Si assiste ad una vera e propria trasformazione! 

Quella pesantezza determinata dalla malattia si dissolve completamente e lascia spazio ad una musica fatta di serenità, di leggerezza, di fluidità, di suoni puliti, chiari, cristallini, il tutto sostenuto da una creatività senza fine.

Suoni impalpabili come nuvole, eleganti, delicati e una grazia unica che profondono dalla tromba e dal flicorno di Harrell, le dita si muovono abili e veloci sugli strumenti. Raffinatezza e compostezza, musicalità e dinamica, tecnica e passione: “Tom non suona solo le note giuste, lui diventa ogni nota che suona”. Con queste parole Joe Lovano aveva dato una perfetta descrizione della musica di Harrell, un uomo capace di fondersi in un tutt'uno con la musica. Quella musica salvifica, quella musica che lo libera dalla gabbia in cui la malattia lo tiene imprigionato, quella musica che gli conferisce il coraggio e la forza di superare la realtà e ogni fragilità umana. 

Nullum magnum ingenium sine mixtura dementia fuit”. Vedendo Harrell sul palco mi è venuta in mente questa frase di Seneca del De tranquillitate animi come perfetta sintesi del binomio genio e follia, malattia e arte: uno stretto legame quello tra malessere psico-fisico e talento artistico che abbiamo imparato a conoscere bene anche grazie ad altri grandi artisti afflitti dalla malattia ed entrati nella storia, come Pollock, Michelangelo, Munch e Van Gogh, il “pittore malato” per eccellenza, il quale aveva così descritto la sua particolare condizione: “Se queste emozioni sono talvolta così forti che si lavora senza accorgersi del lavoro e che, talvolta le pennellate vengono giù una dopo l'altra e i rapporti di colore come le parole in un discorso o in una lettera, bisogna però ricordarsi che non è sempre stato così e che in futuro ci saranno pure dei giorni cupi senza ispirazione”. 

Ed ecco che, come i disturbi mentali di Van Gogh avevano dato vita ad opere come Autoritratto con orecchio tagliato, Il Caffè di notte o Notte stellata, anche la schizofrenia di Tom Harrell genio assoluto secondo Phil Woods - genera musica incantevole come Tom's Soul e gli altri brani di The Cube, The time of the sun, Something gold Something blue, First impressions, Form, Trip (solo per citarne alcuni), ed è proprio grazie a questa musica che si spezzano le catene che lo tengono recluso nella quotidianità eriesce così ad unire il suo mondo e la sua emozione al mondo e alle emozioni di altri meravigliosi artisti. Ho avuto l'onore di ammirare tre di questi maghi del jazz - Danny Grissett, Adam Cruz e Ugonna Okegwo  in un ensemble strepitoso che, insieme ad Harrell, si è eccezionalmente presentato sul palco alla Casa della Musica di Parma nel concerto del 26 aprile in occasione della manifestazione Crossroads 2017 che sta regalando al pubblico serate di jazz assolutamente incredibili e imperdibili. 

Un quartetto caratterizzato da compostezza, eleganza ed equilibrio. Già il loro modo di stare sul palco ti colpisce: non un movimento fuori posto, non un gesto esagerato. Ed il medesimo contegno fisico si ritrova nella loro musica dove l'armonia regna sovrana, dove nessuno sovrasta l'altro, i quattro strumenti si amalgamano alla perfezione, ciascuno brilla e contestualmente lascia brillare gli altri e il risultato è unico: non si cercano suoni spinti, non si punta alla spettacolarità in sé e per sé: l'obiettivo è invece la sostanza, è la bellezza della musica e ciò avviene con una naturalezza e una tecnica disarmanti.

Gli assoli di batteria mi hanno veramente impressionato: già il fatto che un concerto sia aperto e chiuso dal batterista non mi pare cosa molto comune e questo dimostra il valore assoluto di Adam Cruz, classe 1970. I piatti vengono accarezzati in ogni millimetro della loro superficie dando vita ad una infinità di espressioni, dinamiche e timbriche sorprendenti che ti trasportano da suoni dolci e delicati a suoni tuonanti, energici e imperiosi passando attraverso una serie di sfumature che non ti aspetti. 

Il contrabbasso di Ugonna Okegwo è entusiasmante: le dita si muovono a velocità supersonica sulle corde, neanche le vedi spostarsi, ma le note le senti tutte in ogni momento, chiare, precise e limpide, calde e piene. 

E a loro si aggiungono il pianoforte e l'hammond di Danny Grissett: portamento da lord inglese, tocco delicatissimo, mani agilissime. Energico, brioso, intenso, capace di creare atmosfere fiabesche, con una tecnica che trasuda formazione classica da ogni poro. 

Si viaggia parecchio con il jazz del Tom Harrell Quartet che con uno sguardo sempre rivolto al passato continua a reinventarsi e a rigenerarsi spaziando da ritmi swing, funky, a ritmi latini fino a melodie più orientali e arabeggianti come la splendida Delta of the Nile estrapolata dall’album Something gold Something blue o come Windmills, uno dei brani dell'album Trip che a cavallo di Ronzinante ci conduce insieme a Don Chisciotte nel magicomondo di Cervantes. 

E ora attendiamo di scoprire in quali territori inesplorati ci condurrà il Tom Harrell Quartet nel disco del quale è prevista l'uscita entro la fine del 2017!


da alisogniecuore.blogspot.com

di Francesca Bonacini

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