Dal jass degli Originals Dixielands jass band al jazz di Danilo Rea: storia e contemporaneità sul palco del Correggio jazz festival per i 100 anni dalla prima incisione jazz
Era un “suono nuovo” , come aveva affermato Louis Armstrong, quello di Nick La Rocca e della sua band, gli Originals Dixieland Jass Band, complesso musicale proveniente dal New Orleans e composto da cinque elementi: Tony Sbarbaro alla batteria, Alcide Nunez detto “Yellow” al clarinetto, Eddie Edwards al trombone, Harry Ragas al pianoforte e Dominic James “Nick” La Rocca alla cornetta.
Dal New Orleans si spostarono a Chicago e arrivarono a New York nel 1917 dove se li contesero le due più importanti case produttrici di grammofoni a manovella che volevano anche iniziare a farsi largo nel mercato della musica riprodotta, la Columbia Gramophone Company e la Victor Talking Machine Company. Ebbe la meglio la Rca Victor Company, la quale fece registrare alla band due facciate: Livery Stable Blues e Original Dixie jazz band One Step: era il 26 febbraio del 1917 e questo era il primo disco jazz mai registrato.
Per la prima volta nella storia si parlava e si scriveva ufficialmente di jazz, anzi di Jass con due “s”!
Eh sì, proprio con due “s” e dati gli inconvenienti che tale doppia lettera aveva iniziato a generare , dopo qualche mese comparvero le due “z” a noi tanto familiari. Di quali inconvenienti sto parlando? Dei burloni che cancellavano dai cartelloni la “j” e lasciavano così in bella mostra la sola parola “ass”, con l’imbarazzo che potete immaginare!
Cos'era il jazz nel 1917?
Sicuramente era di difficile definizione anche perché sul disco gli stessi Original Dixieland Jass Band avevano descritto Livery Stable Blues come un Fox Trot!
Altrettanto sicuramente era quel “suono nuovo” di cui aveva parlato Armstrong, fatto da un mix di stili e di ritmi, dal blues al ragtime, allegro, ballabile, orecchiabilissimo. E proprio l'insieme di tutte queste caratteristiche ha determinato l'enorme successo del disco che ha venduto oltre un milione e mezzo di copie!
“I patiti del ballo si lanciano in pista per rimanervi finché non crollano sfiniti a terra. Rimane da chiedersi cosa mai li spinga a tanto. Forse è l'effetto di questa musica frenetica di nuovo genere, ed è veramente una musica di tipo del tutto nuovo” (10 marzo 1917, settimanale Variety). Ricordiamo anche una delle critiche fatte a questo primo disco, che con le sue imitazioni del canto di un gallo, del nitrito di un cavallo e del raglio di un asino realizzati con uno stile non solo frenetico ma in qualche modo anche aggressivo, era stato definito da Gunther Schuller come un “irritante miscuglio di cattivo e di buono, di volgarità e mancanza di gusto e di buone intuizioni musicali” .
E nonostante le origini del jazz siano da sempre attribuite alla cultura afroamericana, l'incisione del primo disco jazz a cura di una band formata da solo bianchi e il cui frontman era Nick La Rocca, ragazzo di 27 anni figlio di un calzolaio di Salaparuta emigrato in Louisiana, dimostra che alla base della musica jazz c'era anche una importantissima radice italiana.
Una delle rarissime copie ancora in circolazione di Livery Stable Blues è giunta fino a Correggio il 16 maggio, quando la serata inaugurale della quindicesima edizione del festival Correggio Jazz, si è aperta con un grammofono a manovella di 98 anni perfettamente funzionante sul quale girava il disco in bachelite di La Rocca e company, regalando al pubblico in sala un'emozione unica e inaspettata!
E non potevamo festeggiare meglio il centenario della prima incisione jazz se non con uno dei migliori esponenti del jazz internazionale, Danilo Rea!
Ho incontrato la musica di Danilo Rea un po’ di anni fa, forse quindici più o meno, ad un concerto dei fantastici Doctor3, alias Danilo Rea al pianoforte, Enzo Pietropaoli al contrabbasso, e Fabrizio Sferra alla batteria.
E quando incontri musicisti di tale calibro non puoi fare altro che innamorarti della loro musica, del loro modo di interpretare successi del passato e della loro originalità di composizione. Come non citare “The tales of Doctor3”, “Blue”, “Bambini forever”, “The songs remain the same” , il doppio cd “Winter tales live at Umbria jazz”…
Ed eccomi al Teatro Asioli di Correggio per l’imperdibile “Notturno”, dove unico e assoluto protagonista è il pianoforte di Rea.
Già il titolo, Notturno, è decisamente indicativo delle intenzioni di Danilo Rea: fare Musica, quella con la M maiuscola, quella che abbandona le classificazioni, gli schemi, i generi e che diventa una e una soltanto. Dalla musica classica fino a territori ancora inesplorati, attraverso un percorso fatto di pura improvvisazione che ti porta dove la musica decide di portarti.
Ricordo le parole di Rea scritte sul libretto di “Improvvisi” , disco registrato insieme a Roberto Gatto (2002): “Roberto e io decidemmo di tentare un progetto ambizioso: eliminate ogni schema musicale preordinato, creando melodia, ritmo e armonia nell’attimo stesso delle registrazione. Entrati in studio abbiamo spento la luce e iniziato a suonare, lasciando che ricordi e sensazioni ci guidassero in un viaggio attraverso la nostra cultura , senza conformismi linguistici: spontaneamente. Cercavamo il sogno , l'emozione…”
E quel progetto ambizioso continua a realizzarsi ogni volta che Danilo Rea si mette al pianoforte , con il quale riesce davvero a fare qualunque cosa : “Improvviso dalla musica classica e arrivo dove l’ improvvisazione mi porta”, come lui stesso ha detto durante il concerto.
Si inizia da Chopin, lento e sottovoce, con quelle note che ognuno di noi conosce alla perfezione e che si trasformano pian piano in qualcos'altro senza neanche avere il tempo di accorgersi della mutazione. E come per magia dai Preludi classicissimi di Chopin siamo già passati ad Elthon John con la sua Your Song: e le note continuano a susseguirsi una dopo l’altra senza mai fermarsi, le canzoni si sovrappongono, le melodie si intrecciano e tu spettatore ti ritrovi immerso in un mondo incantato fatto da un continuum di suoni e armonie che conosci così bene ma che assumono in ogni istante una forma e una vita nuove.
Dalla musica classica, alla musica lirica, alla musica pop, alla musica rock, al cantautorato italiano: non c’è più distinzione, non c’è più nulla che le divida. Il tocco elegante di Danilo Rea, la sua tecnica raffinata, il suo virtuosismo, la sua energia, la sua creatività, il suo entusiasmo travolgente e il suo jazz fondono questi meravigliosi mondi in un tutt'uno, ed ecco che entriamo in un universo parallelo dove i Beatles incontrano Cam Caminì, che a sua volta entra in Bocca di Rosa, che a sua volta ci prende per mano e ci conduce tra gli accordi di Vincerò, che torna a tuffarsi nuovamente una versione davvero da brivido di Bocca di Rosa che non smetteresti mai di ascoltare, la quale cambia ancora vestito e ci accompagna tra le composizioni del Mascagni…
Sono rimasta senza fiato ascoltando Danilo Rea dal vivo e ora sono senza fiato nel raccontarvi le emozioni che ha regalato al pubblico!
Davvero sorprendente: ogni volta che lo ascolti rimani estasiato. Libertà assoluta, esplorazione continua, improvvisazione che crea in ogni istante qualcosa di nuovo, tensione ininterrotta e instancabile… e il sogno che Rea cercava è diventato splendida realtà!
da alisogniecuore.blogspot.com
di Francesca Bonacini
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